L’hatching laser assistito (LAH) è una tecnica di laboratorio che consiste nel tagliare una piccola sezione della zona pellucida (ZP). La ZP è una matrice acellulare complessa che circonda e conferisce funzioni di sviluppo essenziali sia agli ovociti che agli embrioni. Lo spessore della ZP allo stadio di blastocisti si assottiglia in modo che l’embrione possa uscire. Questo fenomeno è l’evento più critico ed essenziale per l’impianto dell’embrione nell’endometrio recettivo. I trattamenti durante la FIV/ICSI, come la coltura in vitro e le tecniche di congelamento/scongelamento, possono causare l’indurimento di tale zona e ridurne la proteolisi; ciò renderebbe più difficile la fuoriuscita dell’embrione. Per questo motivo a partire dalla fine degli anni ’80 sono state introdotte tecniche chimiche e meccaniche di hatching assistito, che tentano di superare questo possibile impedimento alla riuscita della fecondazione in vitro. Più genericamente si intende con hatching assistito quella procedura utilizzata per favorire la schiusa artificiale della blastocisti dalla zona pellucida. Poiché la schiusa dalla zona pellucida è un processo cruciale per l’impianto, tanto che la mancanza della stessa risulta essere una tra le cause principali di fallimento del dell’ET, è una tecnica comunemente utilizzata nell’ambito della riproduzione assistita. Tra i suoi vantaggi si annovera il breve tempo di esposizione, la semplicità di esecuzione, il contatto indiretto, la sicurezza e l’efficacia. Tra le varie tecniche oggi viene ampiamente utilizzato il sistema laser a diodi infrarossi L’integrazione di un sistema di applicazione laser risulta un trattamento efficace che può migliorare attivamente il tasso di successo della FIV/ICSI, consentendo di superare l’indurimento della ZP e, permettendo il trasferimento allo stadio di blastocisti, determina un potenziale di impianto più significativo rispetto agli embrioni allo stadio di clivaggio; Infine il sistema laser è ampiamente utilizzato nell’hatching assistito perché è relativamente semplice, richiede meno tempo e risulta meno dannoso per gli embrioni rispetto ad altre tecniche, in quanto la facile procedura laser permette di controllare il bersaglio con precisione, consentendo la creazione di lacune nella zona pellucida con minor rischio di lesioni per l’embrione, risultando così sicura ed efficacie. Dopo il trattamento LAH, la blastocisti priva di zona pellucida aumenta l’espressione dell’integrina, che è il recettore della fibronectina, fondamentale per l’attaccamento della blastocisti e l’adesione all’epitelio endometriale. Inoltre, dopo la schiusa, la blastocisti si presenta appiccicosa, il che può rappresentare un vantaggio in termini di aumento delle possibilità di attaccamento delle cellule all’endometrio dell’utero dopo il transfer. In letteratura l’hatching laser assistito si presenta come un metodo sicuro, scevro da esiti ostetrici e neonatali, comprese le malformazioni congenite. Diversi studi hanno analizzato l’impatto della LAH sugli esiti riproduttivi, ma i risultati sono contrastanti con limitati risultati sui tassi di nascita. Vi sono ancora pochi dati sull’impatto dell’hatching laser assistito in una popolazione di pazienti non selezionate sottoposte a cicli di FIV/ICSI. Mentre si è ipotizzato che questa metodica laser possa ridurre il tasso di aborti spontanei, che spesso sono causati non solo da anomalie cromosomiche ma anche da anomalie dell’impianto embrionale.123
Bibliografia
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Figura 1 Procedura di hatching laser assistito. (A) Tramite il laser viene sezionata una piccola porzione di zona pellucida. (B) Blastocisti post hatching, pronta per il transfer.